Cella di Santa Maria (sec. XII)
Cella di Santa Maria
Scheda
Nome | Descrizione |
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Comune | Briona (Apre il link in una nuova scheda) |
Indirizzo | Cascina Cella - Frazione Proh |
Telefono | 0321.826080 (Comune) |
sindaco@comune.briona.no.it |
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Apertura | Aperta occasionalmente |
Modalità di accesso | Accessibile con strada sterrata percorribile solo a piedi |
A est della provinciale che da Proh conduce al Comune di Barengo, sul tracciato di una via che univa Proh a Camodeia (Castellazzo Novarese), esistono presso la cascina Cella Vecchia i resti di Santa Maria, un piccolo monastero benedettino (cella), dipendente anticamente dall'abbazia di San Silano di Romagnano Sesia. È una delle rare fondazioni superstiti consacrate dal Vescovo Litifredo (1123-1151).
Il cenobio, oggi non più in uso, è integrato in un edificio rurale: dell'insediamento, completamente distrutto, rimane oggi solo l'abside maggiore della chiesa. Originariamente a tre navate, è ora ridotta ad un corpo longitudinale già usato come abitazione o a scopi agricoli. L'esterno è decorato superiormente da una serie di archetti pensili sormontati da un piccolo filare di frammenti di mattoni e da due filari di mattoni messi di costa leggermente obliqui. Ai lati dell'abside rimangono gli attacchi delle absidiole laterali. Nell'abside si aprono tre monofore di sezione diversa. La muratura perimetrale rivela una particolare attenzione cromatica attraverso un'accurata disposizione del cotto e del ciottolo spaccato utilizzato con funzione decorativa e coloristica.
Al suo interno il catino absidale conserva affreschi quattrocenteschi di scuola novarese, e probabilmente spettano tutti alla mano di un pittore novarese di cui non sono state trovate altre opere, anche se qualche autore propone di confrontarli con opere della bottega del Maestro del Cristo della Domenica. Gli affreschi, che rivelano un retaggio tardogotico nelle linee e colori e nella composizione dinamica, non sono attualmente in buone condizioni. Sulla parete nord, vicino all’abside, è raffigurato un “San Bernardino”, strettamente legato agli affreschi absidali che riportano ben quattro emblemi bernardiniani. Al centro del catino absidale è visibile la classica immagine della “Maiestas Domini”, il Cristo Pantocratore, con un abito dalla foggia inconsueta stretto in vita da una cintura di cuoio, simile ad un abito monastico. La mandorla è circondata dal “Tetramorfo”, i quattro simboli degli evangelisti. Sulla parete absidale, nel registro superiore, troviamo i “Dodici apostoli” con al centro una “Madonna del latte” molto rovinata. Alcuni apostoli sono riconoscibili dai tradizionali attributi iconografici, una possibile lettura potrebbe essere: sconosciuto (barba e capelli bianchi), San Giacomo minore, San Bartolomeo, sconosciuto (lineamenti giovanili), San Giacomo maggiore, San Pietro, Sant’Andrea, sconosciuto (con la palma del martirio in mano), San Tommaso, sconosciuto (probabilmente un evangelista perché ha una penna d’oca), sconosciuto (anziano, calvo e con lunga barba bianca); l’ultima figura è in gran parte perduta. Completano la decorazione gli affreschi di due ampolle per la messa e un libro, al di sotto della monofora murata, che indicano che il piano della monofora era usato per appoggiare il necessario per la funzione religiosa.
Il cenobio, oggi non più in uso, è integrato in un edificio rurale: dell'insediamento, completamente distrutto, rimane oggi solo l'abside maggiore della chiesa. Originariamente a tre navate, è ora ridotta ad un corpo longitudinale già usato come abitazione o a scopi agricoli. L'esterno è decorato superiormente da una serie di archetti pensili sormontati da un piccolo filare di frammenti di mattoni e da due filari di mattoni messi di costa leggermente obliqui. Ai lati dell'abside rimangono gli attacchi delle absidiole laterali. Nell'abside si aprono tre monofore di sezione diversa. La muratura perimetrale rivela una particolare attenzione cromatica attraverso un'accurata disposizione del cotto e del ciottolo spaccato utilizzato con funzione decorativa e coloristica.
Al suo interno il catino absidale conserva affreschi quattrocenteschi di scuola novarese, e probabilmente spettano tutti alla mano di un pittore novarese di cui non sono state trovate altre opere, anche se qualche autore propone di confrontarli con opere della bottega del Maestro del Cristo della Domenica. Gli affreschi, che rivelano un retaggio tardogotico nelle linee e colori e nella composizione dinamica, non sono attualmente in buone condizioni. Sulla parete nord, vicino all’abside, è raffigurato un “San Bernardino”, strettamente legato agli affreschi absidali che riportano ben quattro emblemi bernardiniani. Al centro del catino absidale è visibile la classica immagine della “Maiestas Domini”, il Cristo Pantocratore, con un abito dalla foggia inconsueta stretto in vita da una cintura di cuoio, simile ad un abito monastico. La mandorla è circondata dal “Tetramorfo”, i quattro simboli degli evangelisti. Sulla parete absidale, nel registro superiore, troviamo i “Dodici apostoli” con al centro una “Madonna del latte” molto rovinata. Alcuni apostoli sono riconoscibili dai tradizionali attributi iconografici, una possibile lettura potrebbe essere: sconosciuto (barba e capelli bianchi), San Giacomo minore, San Bartolomeo, sconosciuto (lineamenti giovanili), San Giacomo maggiore, San Pietro, Sant’Andrea, sconosciuto (con la palma del martirio in mano), San Tommaso, sconosciuto (probabilmente un evangelista perché ha una penna d’oca), sconosciuto (anziano, calvo e con lunga barba bianca); l’ultima figura è in gran parte perduta. Completano la decorazione gli affreschi di due ampolle per la messa e un libro, al di sotto della monofora murata, che indicano che il piano della monofora era usato per appoggiare il necessario per la funzione religiosa.